lunedì, 6 Aprile, 2020
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Notizie on line a pagamento? Dipende

Due grandi quotidiani italiani hanno annunciato che faranno pagare le notizie pubblicate on line dal primo gennaio 2013. Un esperimento molto interessante e coraggioso visto che analoghi esperimenti in USA hanno dato risultati “disastrosi”.
A chi mi chiede cosa penso dell’argomento rispondo quello che vado sostenendo da quando l’idea è nata, ormai una decina di anni fa.
A mio giudizio occorre distinguere tra news e approfondimenti separando il prodotto editoriale in due grandi gruppi.
Il primo, costituito da notizie di routine, quelle per intendersi che ogni giorno leggiamo su giornali e web o ascoltiamo in Radio o Tv, è a mio parere assolutamente invendibile – che non significa però che non ha valore, anzi – Diciamo che lo sarebbe solo a patto che l’intero mondo decretasse all’unisono che chiunque scriva una notizia non può pubblicarla su un sito Internet e ancor meno su una testata on line, senza prevedere il pagamento per la sua consultazione.
Ovviamente parliamo di fantascienza, e così, almeno per ora, chi percorre questa strada si trova inevitabilmente a scontrarsi contro la mole incredibile di piccoli e grandi editori che, invece, le notizie le pubblicano gratis e continueranno a farlo e che anzi si avvantaggeranno dalla scomparsa del “campo di battaglia” di guerrieri che al momento sembrano invincibili in forza del loro “marchio”.
La qualità fa certamente la differenza ma alzi la mano chi, ai tempi dei primi free-press, non ha salutato con gioia la possibilità di avere una Informazione veloce, certamente parziale e non completa, ma a suo modo esaustiva e assolutamente gratis.
Chi sceglie di far pagare per i propri contenuti lo fa ben sapendo (spero) che il pubblico della Rete si dirigerà semplicemente su altre testate o siti.
C’è poi il secondo gruppo, quello dell’Informazione “ad alto valore aggiunto”. In questa faccio confluire anche quelle notizie che andrebbero sotto il termine di “edizioni straordinarie” ovvero in particolari emergenze o crisi internazionali, ma questo è tutto un altro argomento che tratteremo a parte.
Nel secondo gruppo inseriamo gli “speciali” i “reportage” le “inchieste” e tutta quella informazione che prevede approfondimento, documentazione precisa e imparziale e che fornisce elementi di valutazione che fanno la differenza.
Per rendere più semplice la comprensione vogliamo usare l’esempio dell’Economia.
Alcuni focus de Il Sole/24 Ore su argomenti fiscali, di Borsa o di macro economia sono valore aggiunto rispetto all’Informazione generalista e possono trovare un pubblico pagante perché non hanno eguali o quasi.
Questo secondo gruppo di notizie ha, a mio avviso, un mercato inespresso e può essere messo in vendita.
A mio modesto parere farebbero la differenza anche nella Carta Stampata, o meglio, ridurrebbero l’emorragia di Lettori riportando i giornali a quella funzione di “approfondimento” che non è propria del web, della radio o della Tv e che quindi risulterebbe con queste più competitiva. Ma restiamo al Web.
Sempre a mio parere, però, la vera campagna che tutta l’Informazione dovrebbe fare è quella rivolta verso Google ed i motori di Ricerca.
Non tanto per una crociata contro i contenuti pubblicati da Google, che alimentano i giornali on line invece di “derubarli” come sostiene qualcuno, ma per quanto riguarda i compensi per la pubblicità pubblicata sulle loro Testate on line.
Attualmente, infatti, motori di Ricerca (ma anche grandi aziende di Pubblicità) acquistano “spazio” sulle Testate on line pagando prezzi ridicoli in proporzione alla qualità della clientela raggiunta.
Vi è, insomma, una equiparazione tra il banner pubblicitario posizionato sul sito che magari genera milioni di visualizzazioni (parliamo italiano comprensibile) ma con una “qualità” di livello infimo, e quello posizionato sulle pagine del più autorevole giornale.
Il meccanismo di “vendita” è quello: più pagine fai, più guadagni. Il mercato che si discosta da questo metro di giudizio è risibile, attualmente, sul mercato italiano e mondiale. Google fattura miliardi di euro proprio con questo sistema. Difficile trovare rivali.
Ed allora ecco nascere la domanda: il Cliente, colui che compra la pubblicità, sarebbe disposto a pagare un qualcosa in più per avere la propria campagna sulle pagine web di Repubblica o del Corriere della Sera (per restare tra “i Big”)?
La mia opinione è che lo farebbe volentieri se fosse lo stesso Google, o altro motore di Ricerca, a proporglielo.
Per creare questo nuovo mercato occorrerebbe una Santa Alleanza tra Editori, pronti a rifiutare le proprie pagine al massacro economico o a far nascere una Agenzia di raccolta pubblicitaria specializzata in questo campo e/o capace di mantenere ferma la barra del timone sui tariffari.
Infine, ultima ma non certo meno importante, la questione dei contenuti. Ciò che deve essere venduto non può essere prodotto da Giornalisti sottopagati e perennemente in lotta per “il clic in più”.
Chi desidera vendere il proprio prodotto editoriale deve entrare nell’ordine di idee che se la qualità deve essere pagata dal Lettore, anche l’Editore deve avere lo stesso metro di valutazione.
Ne guadagnerebbe il livello dell’Informazione, la professionalità dei Giornalisti finalmente valutati con i criteri della meritocrazia e non per il colore o il peso delle tessere politiche.
Ma questo è tutto un altro argomento.
Due grandi quotidiani italiani hanno annunciato che faranno pagare le notizie pubblicate on line dal primo gennaio 2013. Un esperimento molto interessante e coraggioso visto che analoghi esperimenti in USA hanno dato risultati “disastrosi”.
A chi mi chiede cosa penso dell’argomento rispondo quello che vado sostenendo da quando l’idea è nata, ormai una decina di anni fa.
A mio giudizio occorre distinguere tra news e approfondimenti separando il prodotto editoriale in due grandi gruppi.
Il primo, costituito da notizie di routine, quelle per intendersi che ogni giorno leggiamo su giornali e web o ascoltiamo in Radio o Tv, è a mio parere assolutamente invendibile – che non significa però che non ha valore, anzi – Diciamo che lo sarebbe solo a patto che l’intero mondo decretasse all’unisono che chiunque scriva una notizia non può pubblicarla su un sito Internet e ancor meno su una testata on line, senza prevedere il pagamento per la sua consultazione.
Ovviamente parliamo di fantascienza, e così, almeno per ora, chi percorre questa strada si trova inevitabilmente a scontrarsi contro la mole incredibile di piccoli e grandi editori che, invece, le notizie le pubblicano gratis e continueranno a farlo e che anzi si avvantaggeranno dalla scomparsa del “campo di battaglia” di guerrieri che al momento sembrano invincibili in forza del loro “marchio”.
La qualità fa certamente la differenza ma alzi la mano chi, ai tempi dei primi free-press, non ha salutato con gioia la possibilità di avere una Informazione veloce, certamente parziale e non completa, ma a suo modo esaustiva e assolutamente gratis.
Chi sceglie di far pagare per i propri contenuti lo fa ben sapendo (spero) che il pubblico della Rete si dirigerà semplicemente su altre testate o siti.
C’è poi il secondo gruppo, quello dell’Informazione “ad alto valore aggiunto”. In questa faccio confluire anche quelle notizie che andrebbero sotto il termine di “edizioni straordinarie” ovvero in particolari emergenze o crisi internazionali, ma questo è tutto un altro argomento che tratteremo a parte.
Nel secondo gruppo inseriamo gli “speciali” i “reportage” le “inchieste” e tutta quella informazione che prevede approfondimento, documentazione precisa e imparziale e che fornisce elementi di valutazione che fanno la differenza.
Per rendere più semplice la comprensione vogliamo usare l’esempio dell’Economia.
Alcuni focus de Il Sole/24 Ore su argomenti fiscali, di Borsa o di macro economia sono valore aggiunto rispetto all’Informazione generalista e possono trovare un pubblico pagante perché non hanno eguali o quasi.
Questo secondo gruppo di notizie ha, a mio avviso, un mercato inespresso e può essere messo in vendita.
A mio modesto parere farebbero la differenza anche nella Carta Stampata, o meglio, ridurrebbero l’emorragia di Lettori riportando i giornali a quella funzione di “approfondimento” che non è propria del web, della radio o della Tv e che quindi risulterebbe con queste più competitiva. Ma restiamo al Web.
Sempre a mio parere, però, la vera campagna che tutta l’Informazione dovrebbe fare è quella rivolta verso Google ed i motori di Ricerca.
Non tanto per una crociata contro i contenuti pubblicati da Google, che alimentano i giornali on line invece di “derubarli” come sostiene qualcuno, ma per quanto riguarda i compensi per la pubblicità pubblicata sulle loro Testate on line.
Attualmente, infatti, motori di Ricerca (ma anche grandi aziende di Pubblicità) acquistano “spazio” sulle Testate on line pagando prezzi ridicoli in proporzione alla qualità della clientela raggiunta.
Vi è, insomma, una equiparazione tra il banner pubblicitario posizionato sul sito che magari genera milioni di visualizzazioni (parliamo italiano comprensibile) ma con una “qualità” di livello infimo, e quello posizionato sulle pagine del più autorevole giornale.
Il meccanismo di “vendita” è quello: più pagine fai, più guadagni. Il mercato che si discosta da questo metro di giudizio è risibile, attualmente, sul mercato italiano e mondiale. Google fattura miliardi di euro proprio con questo sistema. Difficile trovare rivali.
Ed allora ecco nascere la domanda: il Cliente, colui che compra la pubblicità, sarebbe disposto a pagare un qualcosa in più per avere la propria campagna sulle pagine web di Repubblica o del Corriere della Sera (per restare tra “i Big”)?
La mia opinione è che lo farebbe volentieri se fosse lo stesso Google, o altro motore di Ricerca, a proporglielo.
Per creare questo nuovo mercato occorrerebbe una Santa Alleanza tra Editori, pronti a rifiutare le proprie pagine al massacro economico o a far nascere una Agenzia di raccolta pubblicitaria specializzata in questo campo e/o capace di mantenere ferma la barra del timone sui tariffari.
Infine, ultima ma non certo meno importante, la questione dei contenuti. Ciò che deve essere venduto non può essere prodotto da Giornalisti sottopagati e perennemente in lotta per “il clic in più”.
Chi desidera vendere il proprio prodotto editoriale deve entrare nell’ordine di idee che se la qualità deve essere pagata dal Lettore, anche l’Editore deve avere lo stesso metro di valutazione.
Ne guadagnerebbe il livello dell’Informazione, la professionalità dei Giornalisti finalmente valutati con i criteri della meritocrazia e non per il colore o il peso delle tessere politiche.
Ma questo è tutto un altro argomento.

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